Perdersi nelle piccole cose
Succede che uno trovi conforto nei particolari, nella precisione delle minuzie, quei dettagli invisibili che richiedono una fatica ingrata per essere realizzati solo per offrirsi allo sguardo dei pochi che hanno la pazienza, la fortuna o la motivazione per trovarli.
I dettagli sono pericolosi, le piccole cose, a dispetto del nome, un orrido vertiginoso in cui è facile cadere. Se Dio è nei particolari, la dannazione è nell’occhio di chi ne pretende la perfezione.
Io lo so com’è perdersi nelle piccole cose: uno finisce per farsi inghiottire.
Non lo dico io, lo dice Gil Grissom in chiusura de “L’assassino modellista” uno dei recenti episodi di CSI – Las Vegas (settima stagione, episodio 10,). E’ il terzo di una serie-nella-serie dedicata al “Killer delle miniature”, un assassino specializzato nel ricostruire minuziosamente, con una cura agghiacciante, la scena del delitto che ha commesso riproducendola in un modellino in scala ridotta: modellino che costituisce la sua firma e che dimostra una premeditazione accuratissima della messa in scena del gesto omicida. Idea bellissima e terribile, abissale, carica di tensione: le scene in cui Grissom esamina e scandaglia i modellini in cerca del particolare rivelatore con una sonda a fibre ottiche (l’occhio di Dio in cerca del segno del Diavolo) nella loro concentrazione minimalista, tutta fatta di impercettibili movimenti amplificati dalla microcamera, sono fra le cose più belle dell’intera serie e quindi del poliziesco cinematografico più recente. In più ribadiscono con nuova lucidità l’idea che l’orrore vive della necessità di essere rappresentato con quanta più cura possibile e che a questo non si può sfuggire.
Ma io non volevo parlare di questo, volevo dire che in questi giorni si respira un’aria malsana, che il mondo è sull’orlo del baratro, che il peggio trova sempre un modo e che noi ci siamo nascosti nell'ironia. Volevo parlare del senso delle cose, della banalità del male, dell’intelligenza e della stupidità, di ridere e piangere, di vivere e morire (non solo a Los Angeles), di cosa fare a Denver quando sei morto, del perché Harry Kellerman parla male di me che neanche mi conosce, di noi provinciali nella provincia più marginale del più provinciale dei paesi possibili, dell’etica negata ai laici, del rancore degli incompresi, della solitudine e delle sue ferite.
Volevo dire tutto questo.
Solo che poi mi sono perso nelle piccole cose.