Prime impressioni di Keaton durante la caduta.
Non ricordo tanto bianco dal giorno in cui vidi la mia prima luce.
E’ curioso pensare al tempo che mi rimane mentre rotolo a valle, nell’onda di neve che mi ha travolto. Ogni momento penetra nella coscienza in tutta la sua rovinosa eternità. Potrei riempire pagine intere con i pensieri che accompagneranno la mia caduta: e questo è l’unico privilegio del morire che valga la pena di essere raccontato.
E’ il rumore di tuono quello che spaventa di più. Il tremore nel ventre, il dolore alla testa che attende l’impatto con il ghiaccio, sono solo effetti acustici: null’altro si può avvertire negli arti spezzati o nel torace schiacciato dal peso della velocità.
La morte in caduta è un onda sonora, solida ed inarrestabile, che stritola i timpani fino all’ultimo silenzio. L’unico dolore paragonabile è quello della separazione da qualcuno che ci ha voluti nella sua sfera. In fondo è quello che è accaduto: la montagna mi ha respinto come un organismo sano farebbe con un corpo estraneo. Un minuscolo tumore avvinto ai suoi fianchi lucenti, a mordere il bianco, ad annaspare sulle rocce, a tentare di raggiungere la cima come una malattia che punta al cuore od al cervello.
Lei mi ha scrollato via, come una donna farebbe con un amore deludente, ed ora mi osserva cadere lasciandomi come ricordo solo una nuvola di profumo aspro e penetrante.
Nera ironia quella che accompagna questa caduta: tutta questa lucidità di pensiero resterà sepolta nel tonfo dell’ultimo impatto. Quando sentirò le ossa cedere di schianto sul costone che mi fermerà, quando sulla neve si disegneranno le prime macchie di sangue rappreso, avrò composto solo la copertina del mio miglior racconto: questo, che nessuno riuscirà mai a leggere.
Eppure potrei anche dubitare di questa lucidità; forse mi sto illudendo, e quella che io chiamo chiarezza di pensiero altro non è se non delirio che si stempera nell’euforia. Quell’uomo, ad esempio, l’uomo che ho visto mentre scivolavo, rapido, dopo i primi settanta metri di dislivello.
Quell’uomo sembrava un soldato del Kaiser.